Riportiamo l’intervista a cura di Giulia Tempestilli pubblicata sulla Rivista “L’Arbitro” volta a conoscere i nuovi volti a capo delle Commissioni Regionali
Giulio Dobosz, classe 1974, della Sezione di Roma 2, è il nuovo Presidente degli arbitri regionali del Lazio.
Dalla finale di Coppa Italia di Eccellenza a quella di Tim Cup c’è un percorso lungo quasi 20 anni: da arbitro nell’estate del 1998 viene inserito nell’organico dell’attuale CAI, per poi essere promosso, due anni dopo, alla CAN D. Poi il cambio di ruolo, dal fischietto alla bandierina, che lo porterà in CAN C nel 2004 e nell’allora CAN A-B nel 2008, dove concluderà la sua carriera arbitrale a il 20 maggio del 2018, dopo aver collezionato nel suo palmares, nelle oltre 160 gare in Serie A, sei derby tra Torino, Genova, Milano, tre “derby d’Italia” tra Juventus ed Inter, quattro semifinali e una finale di Coppa Italia.
Inizia qui la sua carriera dirigenziale a livello regionale, con il ruolo di Vice Presidente del Comitato Regionale Arbitri del Lazio nella stagione 2018/2019, al fianco di Luca Palanca, dopo un passato da Vice Presidente di Sezione negli anni di attività sul campo.
Una carriera intensa di soddisfazioni che ora si arricchisce di un nuovo entusiasmante capitolo. Con questa nomina si apre un nuovo ciclo per il CRA Lazio, una squadra pronta a mettere a disposizione dei ragazzi l’esperienza maturata a livello nazionale.
Quando e come hai iniziato ad arbitrare quali erano i tuoi obiettivi?
“Il 15 dicembre 1990 è iniziata questa fantastica avventura insieme ad Alessandro Giallatini, che poi si sarebbe rivelato il mio compagno di viaggio in ogni categoria, spinto da mio nonno che a quei tempi era arbitro benemerito: inizialmente non avevo obiettivi, puntavo a fare bene partita dopo partita seguendo i suoi consigli. Ancora oggi mi emoziona vedere la sua divisa appesa in Sezione e pensare a quanto ci ha visto lungo.”
Come riassumeresti la tua carriera arbitrale?
“Semplicemente stupenda ed imprevedibile: mi ha regalato tante soddisfazioni dentro e fuori dal campo e mai mi sarei aspettato di arrivare, categoria dopo categoria, ad arbitrare 10 anni in Serie A. Ho avuto la fortuna di girare l’Italia, e non solo, grazie ad una passione incondizionata per questo ruolo, facendo pesare di meno i piccoli grandi sacrifici che si fanno quotidianamente.”
L’esperienza più gratificante da arbitro?
“Sicuramente il tributo di amici e colleghi che mi è stato regalato in occasione della riunione nella mia Sezione che celebrava la fine della mia carriera in campo. Una standing ovation di tre minuti è una emozione che porterò sempre dentro di me. Indimenticabile anche lo striscione di dieci metri esposto a San Siro, in occasione dell’ultima gara arbitrata, dagli amici che hanno condiviso con me quella domenica speciale.”
Cosa vuol dire per te essere Presidente del CRA Lazio?
“Essere alla guida di una regione cosi grande dopo solo un anno di “apprendistato” è una bella soddisfazione e una grandissima responsabilità che affronterò come al solito con il massimo dell’impegno. Un’occasione di crescita personale come dirigente all’interno dell’Associazione che mi ha dato tanto, sia umanamente che come arbitro, della quale sono molto orgoglioso.”
Quali obiettivi ti sei posto come CRA?
“Sicuramente quello di proseguire sulla strada tracciata dai miei predecessori, per portare l’arbitraggio laziale ad ottenere grandi risultati in ambito regionale e nazionale, grazie anche alla collaborazione di tutte le componenti. La Commissione Regionale ha avuto degli innesti di assoluto livello, con colleghi che hanno fatto tesoro delle loro esperienze nazionali e che sono certo potranno solo che migliorare l’ottimo lavoro svolto fin qui.”
Come descrivi le due diverse esperienze prima sul campo e poi come dirigente?
“Possono sembrare molto diverse ma credo che ci siano dei punti in comune: così come quando ero in attività ero meticoloso nella preparazione della singola gara, dall’aspetto atletico a quello tecnico, metto questa mia caratteristica nella gestione e nella crescita dei ragazzi, cercando di non lasciare nulla al caso. Da dirigente, oltre ad avere capacità organizzative, bisogna capire le qualità di ogni arbitro per far ottenere a ognuno il proprio massimo, cercando di trasmettere la propria esperienza personale”.