Sono passati poco più di tre anni dalla nascita di quarta categoria, a Milano, quando – nel mese di gennaio – aveva visto la luce il primo torneo di calcio a sette riservato a ragazzi disabili, con ritardi cognitivi e difficoltà relazionali, un evento della durata di poco più di tre mesi, giocato interamente in Lombardia da otto squadre patrocinate da altrettante compagini di Serie A.
Già nel nome, vi era un presagio: la terza categoria rappresenta la base del calcio italiano, il livello dilettantistico più autentico in cui, di certo, non vi sono interessi economici in gioco, ma solo l’amore per lo sport e la passione, a prescindere dalle capacità sul piano tecnico che ognuno può mettere in campo.
Quarta categoria volle riprendere quel modello, come Valentina Battistini, ideatrice del progetto, ha più volte sottolineato: “il calcio è uno sport di gruppo quindi può insegnare l’importanza del gioco di squadra, la bellezza dello stare insieme, la necessità del rispetto di piccole regole quotidiane e la gestione delle emozioni“.
Già allora, insieme al Centro Sportivo Italiano, organizzatore del torneo, alla Lega Serie A e all’Associazione Italiana Allenatori incaricata di formare i tecnici competenti, l’AIA è stata in prima linea, designando gli arbitri di tutte le partite, e riservando sincero interesse ad un movimento che rappresentava un punto di svolta epocale nel sistema calcio del Paese.
Tre stagioni più tardi, i numeri sono incredibilmente più ampi, così come straordinario e trasversale è l’interesse che l’iniziativa ha riscosso sul piano nazionale: 81 società, 112 squadre e oltre 3000 tesserati per dare vita alla Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale in seno a Federcalcio, che è così divenuta la prima federazione sportiva al mondo ad intraprendere una simile iniziativa.
Dopo la firma del Protocollo d’ Intesa FIGC-CIP, sulla base dell’esperienza sviluppata da quarta categoria, e la ratifica da parte del Consiglio Federale nello scorso mese di ottobre, il 25 gennaio 2020 si è tenuta al Centro di Preparazione Olimpica “Giulio Onesti” di Roma la cerimonia di inaugurazione delle attività di fronte alle massime cariche del mondo sportivo, tra cui il Presidente AIA Marcello Nicchi.
Dopo la conferenza stampa, spazio al triangolare sul campo, con la partecipazione delle rappresentative della neonata Divisione a schierare atleti provenienti da tutta Italia, dei giornalisti, guidata in panchina da Pierluigi Pardo, e della FIGC, con Mister Renzo Ulivieri e, sul terreno di gioco, i rappresentanti degli organi federali tra cui il componente del Comitato Nazionale AIA Alberto Zaroli, oltre all’AD della Lega di Serie A De Siervo, al Presidente della Lega di B Balata ed al Presidente della Lega di C Ghirelli.
A dirigere gli incontri, tutti terminati con il risultato di parità e con grandi sorrisi sulle labbra dei partecipanti, l’arbitro FIFA Maurizio Mariani.
Il 30 gennaio si è alzato ufficialmente il sipario sulla prima stagione della Divisione Calcio Paralimpico e Sperimentale della FIGC: oltre 3000 tesserati che fanno parte di una grande passione chiamata calcio. Quanto è importante il messaggio di unità che questa iniziativa manda?
Questa iniziativa tende ad unire l’esigenza e la voglia di tante persone che avvertono la passione nel giocare a calcio. Da adesso avranno modo di poterlo fare in un ambito ufficiale riconosciuto dalla Federazione. Credo che tutto lo sport proponga attività che incrementano grandi valori, crescita sociale e unità. D’altronde aggregazione e condivisione sono elementi che sottolineano quanto esso debba essere aperto a chiunque. Il calcio, ancora di più, è una dimensione che appassiona il maggior numero di persone della popolazione italiana e mondiale. È la giusta risposta ad uno slogan che negli anni ho sentito e letto ovunque, e che ora prende una forma concreta: il calcio è di tutti.
L’esperienza di arbitrare la finale del triangolare al Centro di Preparazione Olimpica “Giulio Onesti”, organizzato per l’occasione, che sensazioni ti ha trasmesso e ti ha lasciato poi in seguito?
Ho vissuto una giornata di pura passione e piacevole gioco. Non ci sono stati né vincitori né vinti, aldilà del risultato di parità in tutte le partite. Essere presente a questo avvenimento mi ha fatto riassaporare i tanti motivi per cui amo il calcio ed ho scelto di fare l’arbitro. Correre su un prato verde, divertirmi e ridere, dando sempre il meglio per mantenere concentrazione e giudizio. Non sono stato solamente uno strumento al servizio del calcio, ma piuttosto parte integrante e a disposizione del gioco. Troppo spesso viviamo con tensione alcuni accadimenti, capita di arrabbiarci, a volte addirittura di abbatterci per qualcosa che non è andato per il verso giusto. Sono sicuro invece che, anche grazie a questa esperienza, saprò portarmi dietro le emozioni positive per trovare la leva giusta dentro e fuori dal campo. Valori, autenticità, senso di appartenenza, tutti elementi quanto mai fondamentali in questo momento storico che tutti stiamo vivendo.
La FIGC è la prima federazione ad avere una Divisione dedicata alla quarta categoria, c’è da andarne orgogliosi, anche come Associazione Italiana Arbitri, che ha messo a disposizione un arbitro internazionale per impreziosire l’evento. Una testimonianza di forte partecipazione, che avrà emozionato anche i ragazzi in campo. Come si sono interfacciati con te durante la partita?
Con loro ho parlato tanto prima e dopo il triangolare. Mi ha colpito la loro voglia di giocare a calcio, di inseguire il pallone senza alcun bisogno di pensare all’arbitro. Ho il ricordo di un simpatico aneddoto. Poiché il campo per sette calciatori era stato delineato all’interno di un altro terreno più grande, le aree di rigore non erano state tracciate. Durante la prima partita mi capitò di fischiare un fallo molto vicino ad una delle due porte. Ad occhio, data la vicinanza, per me era calcio di rigore, tanto è vero che indicai un immaginario dischetto. La squadra in attacco, anziché battere il rigore, riprese il gioco con un calcio di punizione. Dubito che un episodio così “troppo sportivo” possa capitare nuovamente. Sono sicuro che non sia collegato ad un discorso di credibilità arbitrale (ride), ma piuttosto alla giusta foga e voglia di giocare a calcio che hanno condito la giornata.
È stata una grande iniziativa da parte della nostra Federazione! Lo testimonia la presenza di tutte le massime cariche istituzionali del calcio e dello sport, per molti di loro anche in campo. Mi sento di ringraziare l’Associazione Italiana Arbitri per avermi dato una designazione speciale che ha emozionato più me che i ragazzi in campo. Spero che sia l’inizio di una nuova visione, perché i nuovi progetti sono una grande ricchezza per tutti.